Elias Canetti – Massa e potere

Massa è Potere è, concettualmente, il perfetto contraltare alla “Microfisica del potere” di Foucault.
Rifiutando la pretesa di spiegare che, in un siffatto campo significherebbe incappare nella metafisica, Canetti adotta un punto di vista fenomenologico e psicologico, occupandosi delle dinamiche di coagulazione e di disgregazione della massa e di come il sacrificio dell’individualità di chi ne fa parte, venga tradotto in energia di cui si nutre il potere che la mantiene e che la orienta, attraverso la “fisica” immanente alla massa stessa.
Come in ogni fisica, al mutare delle variabili in gioco, muta il risultato. E i vari capitoli del libro possono in un certo senso definirsi esperimenti condotti variando scientificamente le variabili del problema.
Il tutto con esempi concreti arditi eppure sempre calzanti, il cui valore letterario è totalmente trasversale alle varie discipline umanistiche che in precedenza hanno affrontato il tema dalla loro prospettiva necessariamente parziale e inevitabilmente autoreferenziale.

Impulso di distruzione. (pag. 15-19)

Spesso si parla dell’impulso di distruzione della massa: è la sua caratteristica più vistosa, quella che, innegabilmente, si ritrova ovunque, nei paesi e nelle civiltà più diverse. Esso è, sì, individuato e biasimato, ma non è mai chiaramente definito.
Case e oggetti sono ciò che la massa distrugge più volentieri.
Poiché si tratta spesso di cose fragili, come lastre di vetro, specchi, vasi, quadri, vasellame, si è tentati di credere che proprio la fragilità degli oggetti stimoli la massa a distruggerli. Certamente il rumore della distruzione, il frangersi del vasellame, il fracasso dei vetri, contribuiscono considerevolmente ad aumentare il piacere. Sono i
forti suoni di vita di una creatura nuova, le grida di un neonato. La facilità con cui si suscitano li rende ancora più graditi; tutti si uniscono nel grido, e il fracasso è l’applauso delle cose. Un particolare bisogno di questo tipo di rumore sembra manifestarsi all’inizio degli avvenimenti, quando la massa non consiste ancora di molte persone e poco o nulla è accaduto. Il rumore promette il rinforzo in cui si spera, ed è un presagio felice per ciò che verrà. Sarebbe però errato credere che l’elemento decisivo sia la facilità di rompere. Si sono aggredite delle statue di dura pietra e non ci si è dati pace finché non sono state sfigurate, rese irriconoscibili. Da cristiani sono state distrutte teste e braccia di divinità greche. Da riformatori e da rivoluzionari sono state abbattute le immagini dei santi, a volte da luoghi altissimi, a rischio della propria vita; e spesso la pietra che si cercava di spezzare era talmente dura da costringere a lasciar l’opera a metà.

La distruzione di immagini che raffigurino qualcosa è distruzione di una gerarchia che non si riconosce più. Si violano distanze stabilite in generale, che sono evidenti a tutti e valgono ovunque. La loro rigidità era l’espressione della loro permanenza; si crede che esistano da tempo, ritte e inamovibili; ed era impossibile avvicinarle con intenzione ostile. Ora sono travolte e giacciono in rovina. In quest’atto si è compiuta la “scarica”.

Ma non sempre essa va così lontano. La distruzione consueta, di cui si è parlato all’inizio, non è altro che un attacco a tutti i “confini”.
Vetri e porte appartengono alle case: sono la parte più vulnerabile dei loro confini verso l’esterno. Quando porte e vetri sono frantumati la casa ha perso la sua individualità.

Ognuno ormai può penetrarvi a piacere, e nulla e nessuno vi sono al sicuro. Si ritiene, però, che di solito in quelle case si rintanino gli uomini che cercano di escludersi dalla massa: i suoi nemici. Ma ora è distrutto ciò che li divide. Nulla si frappone più tra essi e la massa.
Possono uscir fuori e unirsi a lei. Si possono andare a prendere. Ma c’è dell’altro. Lo stesso uomo singolo ha la sensazione di oltrepassare nella massa i confini della propria persona. Egli prova sollievo, poiché sono abolite tutte le distanze che lo rigettavano e lo chiudevano in sé. Tolto il peso della distanza, egli si sente libero e la
sua libertà è passar oltre questi confini. Ciò che gli accade dovrà accadere anche agli altri e lui se lo aspetta. E’ stimolato dal fatto che un vaso di coccio sia soltanto confine, limite. Di una casa lo stimolano le porte chiuse. Si sente minacciato da riti e cerimonie; tutto ciò che mantiene le distanze gli appare minaccioso e insopportabile.
Ovunque si cercherà di riportare la massa che si è frantumata in quei recipienti prefabbricati. Essa odia le sue prigioni future, le ha sempre viste come prigioni. Alla massa nuda tutto appare come la Bastiglia.

Il mezzo di distruzione più impressionante di tutti è il fuoco. Lo si vede da lontano e attira altra gente. Distrugge in maniera irrevocabile. Nulla dopo il fuoco rimane com’era prima. La massa che appicca il fuoco si considera irresistibile. Tutti si uniranno a lei mentre il fuoco divampa. Esso annienterà tutto ciò che le è ostile. Come si vedrà più oltre, è il simbolo più efficace della massa. Dopo ogni
distruzione, massa e fuoco devono estinguersi.

Lo scoppio.

La massa vera e propria è la massa “aperta”, che si abbandona liberamente al suo impulso naturale di crescita. Una massa aperta non ha la chiara sensazione né l’immagine di quanto possa diventare grande. Non prende a modello alcun edificio che conosca e che dovrebbe riempire. La sua misura non è stabilita; vuole crescere
all’infinito, e perciò le sono indispensabili sempre più uomini. In questo stato nudo la massa è più che mai appariscente. Tuttavia essa conserva qualcosa di insolito e, dal momento che sempre si disgrega, non è considerata del tutto salda. Forse la massa non sarebbe ancora considerata con la serietà che le è dovuta, se l’enorme incremento della popolazione che si riscontra ovunque e il rapido ingrandirsi delle città, tipici della nostra epoca, non avessero fornito alla sua formazione
occasioni sempre più frequenti.

Le masse chiuse del passato erano tutte diventate istituzioni con cui si aveva dimestichezza. Lo stato particolare nel quale si trovavano spesso i loro partecipanti sembrava cosa naturale; sempre ci si radunava in vista di uno scopo preciso, religioso, o festivo o guerresco, e lo scopo pareva consacrare lo stato.
Chi assisteva a una predica credeva in buona fede d’essere interessato alla predica, e si sarebbe stupito e forse anche indignato se qualcuno gli avesse spiegato che la sua soddisfazione proveniva più dal gran numero dei presenti che non dalla predica stessa. Tutte le cerimonie e tutte le regole di tali istituzioni tendono in fondo a “catturare” la massa: meglio una chiesa sicura, piena di fedeli, che l’intero mondo infido. Nel frequentare regolarmente la chiesa, nel ripetersi familiare e preciso di certi riti, si assicura alla massa una sorta di esperienza addomesticata di se stessa. Il susseguirsi di queste funzioni in tempi prescritti serve a compensare bisogni più duri e violenti.

Forse tali istituzioni sarebbero bastate se il numero degli uomini fosse rimasto all’incirca lo stesso. Ma sempre più uomini percorrevano le città e sempre più in fretta è cresciuta la popolazione negli ultimi secoli. Così si manifestarono anche tutti gli impulsi alla formazione di nuove e più grandi masse, e nemmeno la direzione più esperta e raffinata sarebbe stata in grado di bloccarli in tali circostanze.

Tutte le ribellioni contro il cerimoniale ricevuto in eredità, di cui narra la storia delle religioni, sono rivolte contro la limitazione della massa che finalmente vuole sentirsi crescere una volta di più. Si pensi al Discorso della Montagna nel Nuovo Testamento: esso ha luogo all’aperto, migliaia possono ascoltarlo, ed esso è rivolto – non può esservi dubbio contro il limitativo affaccendarsi cerimoniale del Tempio ufficiale. Si pensi alla tendenza del cristianesimo paolino di evadere dai limiti nazionali e tribali dell’ebraismo e di diventare una fede universale per tutti gli uomini. Si pensi al disprezzo del buddhismo per l’organizzazione di casta dell’India di allora.

Anche la storia “interna” delle singole religioni mondiali è ricca di avvenimenti analoghi. Troppo stretti sono sempre il Tempio, la Casta, la Chiesa. Le crociate portano alla formazione di masse d’una dimensione che nessuna chiesa di allora avrebbe potuto contenere. Più tardi, intere città divengono spettatrici delle manifestazioni dei flagellanti, le quali successivamente dilagano di città in città. Ancora nel secolo Diciottesimo, Wesley fonda il suo movimento su prediche all’aperto. Egli è ben conscio delle enormi masse dei suoi ascoltatori, e ogni tanto calcola nel suo diario quanti in quella circostanza sarebbero convenuti ad ascoltarlo. Lo scoppio fuori dai chiusi luoghi di culto significa ogni volta che la massa vuole ritrovare il suo vecchio gusto di crescita subitanea, rapida e illimitata.

Direi di chiamare “scoppio” la trasformazione subitanea di una massa chiusa in massa aperta. Questo processo si ripete di frequente; non va però inteso troppo in senso spaziale. Spesso la massa sembra traboccare da uno spazio in cui si trovava al riparo nella piazza e nelle strade di una città, dove, attraendo tutto a sé ed essendo esposta a tutto, si espande liberamente.

Più importante di questo processo esterno è tuttavia quello interno che gli corrisponde: la scontentezza per il numero limitato dei partecipanti, l’improvvisa voglia di “attrarre”, la determinazione appassionata di raggiungere “tutti”.

Dalla rivoluzione francese questi scoppi hanno acquistato una forma che sentiamo moderna. Forse perché la massa si è liberata in modo così ampio del contenuto di religioni tradizionali, riusciamo da allora più facilmente a vederla nuda, si direbbe biologicamente, senza le interpretazioni e i fini trascendenti che in passato essa si faceva inoculare. La storia degli ultimi cinquant’anni si è orientata sempre più verso l’incremento di tali scoppi: le stesse guerre, divenute guerre di massa, sono comprese in esso. La massa non si accontenta più di condizioni e di promesse devote, essa vuole sentirsi sommamente nella sua forza e nella sua passione animalesche, e a questo fine torna sempre a servirsi delle occasioni e delle esigenze sociali che le si
offrono.

Importa innanzitutto stabilire che la massa non si sente mai sazia. Fin quando resta un uomo non ancora catturato da lei, essa mostra il suo appetito.

Nessuno può dirlo con sicurezza, ma è molto probabile che la massa manterrebbe il suo appetito anche quando avesse assorbito in sé “tutti” gli uomini. C’è una qualche impotenza nel suo sforzo di “durare”. A questo fine, l’unica via promettente è la formazione di doppie masse: processo, in cui l’una massa si commisura sull’altra. Quanto più sono vicine in forza e intensità, ambedue commisurandosi durano in vita.

Senso di persecuzione.

Fra le vene più salienti nella vita della massa c’è qualcosa che chiameremmo forse senso di persecuzione: una particolare e irosa suscettibilità, eccitabilità, nei confronti di nemici designati come tali una volta per tutte. Essi possono fare tutto ciò che vogliono, possono essere rigidi o disponibili, impegnati o freddi, duri o miti – le loro azioni sono sempre intese come se scaturissero da un’imperturbabile malvagità, da una mentalità negativa contro la massa, da un’intenzione preconcetta di distruggerla apertamente o subdolamente.

Per spiegare questo senso di inimicizia e di persecuzione si deve nuovamente partire dal fatto di fondo, che la massa – una volta costituita – vuole crescere in fretta. L’immagine che ci si fa della forza e della fermezza con cui essa si espande, è difficilmente esagerata. Fin quando la massa sente di crescere ad esempio in circostanze rivoluzionarie, che partono da masse piccole ma ad alta tensione -,
essa riconosce una costrizione in tutto ciò che si oppone alla sua crescita. La massa può essere dispersa con la violenza dalla polizia, ma ciò ha effetto puramente temporaneo – una mano che si caccia in uno sciame di zanzare. Essa però può anche subire una aggressione dall’interno, da chi venga incontro alle esigenze che hanno
determinato la sua formazione. Dei deboli se ne staccano; altri, che stavano per unirvisi, fanno dietrofront a metà strada.

L’aggressione “esterna” alla massa può solo renderla più forte.
Coloro che sono stati fisicamente dispersi tendono tanto più fortemente a riunirsi. L’aggressione “dall’interno”, invece, è veramente pericolosa. Uno sciopero che abbia conseguito qualche risultato si sbriciola a vista d’occhio. L’aggressione dall’interno si appella a voglie individuali. Essa è considerata dalla massa un ricatto, un’azione «immorale», poiché contrasta con la sua convinzione di fondo chiara e pulita. Chiunque appartiene a tale massa porta in sé un piccolo traditore, che vuole mangiare, bere, amare e starsene tranquillo. Fin quando adempie a queste funzioni tra parentesi e non ne fa troppo chiasso non glielo si impedisce. Ma da quando il suo comportamento diviene troppo palese, si comincia ad odiarlo e a temerlo. Si sa che egli ha subito le tentazioni del nemico.

La massa è sempre una sorta di fortezza assediata, ma assediata in senso duplice: essa ha il nemico dinanzi alle mura, e ha il nemico in cantina. Durante lo scontro, la massa attira sempre più persone.
Dinanzi a tutte le porte si adunano i suoi nuovi amici e chiedono impetuosamente d’essere accolti. In momenti favorevoli questa richiesta viene soddisfatta; ma essi possono anche scavalcare le mura.
La città si riempie sempre più di combattenti; ma ognuno di essi porta con sé un suo piccolo, invisibile traditore, che si rifugia frettolosamente in cantina.

L’assedio consiste nel tentativo di catturare le nuove reclute.
Per i nemici all’esterno le mura sono più importanti che per gli assediati all’interno. Proprio gli assedianti continuano a costruire e a elevarle. Essi cercano di ricattare le nuove reclute, e se non possono affatto fermarle, fanno sì che il piccolo traditore che le accompagna raccolga sufficiente inimicizia durante il suo cammino in città.
Il senso di persecuzione della massa non è altro che la sensazione di questa duplice minaccia. La cerchia delle mura viene costruita sempre più stretta e le cantine dall’interno sono sempre più minate. Le attività del nemico sono aperte e controllabili durante la costruzione delle mura, nascoste e subdole nelle cantine.
Ma tali immagini coincidono solo con un aspetto della verità.
Coloro che affluiscono dall’esterno, che vogliono entrare in città, non sono soltanto nuove reclute, rinforzi, appoggi, ma anche il “nutrimento” della massa. Una massa che non aumenta di peso è in Quaresima. Ci sono mezzi per sopravvivere alla Quaresima; le religioni hanno sviluppato in ciò grande maestria.
Mostreremo come le religioni mondiali riescano a tenere con sé le proprie masse, anche senza che esse crescano in modo incisivo e violento.

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